MARCO GROMPI e MICHELE FORTIS – Winterflowers
Un ottimo album, debitore come sempre al classicismo del roots rock americano, da Neil Young a JJ Cale, Bob Dylan, Jackson Browne.
Un ottimo album, debitore come sempre al classicismo del roots rock americano, da Neil Young a JJ Cale, Bob Dylan, Jackson Browne.
Chiari riferimenti alle recenti esperienze post punk e pur non mancando influenze post wave classiche, l’approccio è attuale e personale.
Atmosfere eteree di gusto psichedelico/Velvet Underground e un tocco di shoegaze, dal portamento ipnotico e avvolgente.
Ottima la capacità di fondere ritmiche e umori rock con la canzone d’autore, riuscendo anche a entrare con decisione in brani pop di grande potenziale commerciale.
Il sound si muove tra una post wave elettronica (con echi di Bluvertigo) e una canzone d’autore ricercata e raffinata (con uno sguardo ben piantato sulla miglior produzione di Franco Battiato).
Un sound che assume spesso tinte “epiche” e solenni, avvicinandosi a Nine Inch Nails, MGMT e a un post punk (in particolare nella conclusiva “D-end”) dalle marcate influenze elettroniche di sapore dark wave.
Potentissima miscela di punk rock, Oi!, Nabat, Rough, Cockney Rejects e un pizzico di gusto hard.
Un sound che mischia alla perfezione un approccio hard rock con un’impronta melodica molto marcata, arrangiamenti curati e raffinati che conferiscono al lavoro un’enorme potenzialità commerciale.
Il tono e l’approccio sono aspri e decisi, diretti e severi, tra alt rock, blues deviato e perfino afflati grunge ma la canzone d’autore è dietro l’angolo.
Quattordici brani strumentali che spaziano senza freni e limiti tra prog, fusion, math rock alla The Battles, Tool e numerose altre influenze meno evidenti.
Commenti recenti