Lucy in the sky e la meraviglia discesa fra una pioggia di diamanti.
Pochi versi, una manciata di parole e molte storie da scoprire. Ascoltando Lucy in the sky with Diamonds ci si imbarca subito per un meraviglioso viaggio, ma attenzione perché questo celebre pezzo dei Beatles, fiero componente della play list di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, si è ammalato della sindrome da leggenda metropolitana. Vediamo i sintomi.
Il brano sembra una sorta di dipinto naif fra strani accostamenti e improvvisi lampi di lucidità, zeppo di figure che magicamente entrano in scena, quasi a dissuadere il viaggiatore dalla sua visione. Tutto sorretto da sonorità molto suadenti e dolci, a tratti infantili, che cullano l’ascoltatore in una sorta di sonno pacificatore. Per questo motivo qualcuno ha voluto vedervi il racconto dettagliato di un viaggio allucinogeno compiuto da John Lennon e poi trascritto in musica. Da qui il tormentone, con l’accostamento tra il pezzo e il più potente allucinogeno sintetico mai creato dall’uomo, da un uomo, Il Dott. Albert Hoffman, che nel 1938 estrasse la Dietilamide dell’Acido Lisergico da un fungo che attacca i cereali, diventando il primo consumatore e sperimentatore dell’LSD. Secondo alcune teorie eliminando dal titolo preposizioni e articoli rimangono fuori le parole Lucy, Sky, Diamonds, ovvero LSD. Ma questa ipotesi poco piaceva a John Lennon, che invece, sosteneva che l’ispirazione gli fosse venuta da un disegno del figlio Julian (ne esiste una foto), che ritrasse la bimba dagli occhi caleidoscopici, una sua amica. La canzone, dallo sgraziato ritornello, si arricchiva poi di immagini, quasi citazioni, di Attraverso lo Specchio di Lewis Carrol, utili a comprendere il periodo storico di Lennon: la donna che scende dal cielo con intenti salvifici, altri non sarebbe che Yoko Ono, da poco conosciuta.
Lucy in the Sky with Diamonds è esistita davvero, era Lucy Vodden, scomparsa nel 2009, compagna di asilo di Julian Lennon. E’ lei la bambina con gli occhi caleidoscopici ritratta nel disegno, in quanto soffriva di lupus eritematoso sistemico, una malattia autoimmune che colpisce diverse parti del corpo. Una persona reale, con un problema reale, raccontato con l’innocenza di un bambino e sublimato dalla poetica di suo padre, anche se John Lennon non amò mai fino in fondo questa canzone, a suo dire, “ottima sulla carta, mediocre nella realizzazione”. Infatti preferiva la versione di Elton John. Certo è che nel 1974 il brano riempiva le radio e veniva ascoltato ovunque, anche presso un sito archeologico in Africa, quando fu rinvenuto A.L. 288, uno scheletro di 1,07 mt, appartenuto a una donna di 3,2 milioni di anni, che pesava appena 28 kg. Gli studi hanno definito che questo esemplare di Australopithecus Afarensis sia il più antico antenato diretto dell’uomo, madre dell’umanità. A.L. 288 non è esattamente un nome appropriato per la madre di tutti noi, Lucy, forse sì, soprattutto se scesa dal cielo, in una pioggia di diamanti, milioni di anni fa.
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