Ah cos’è l’amor…

Layla, you’ve got me on my knees.

Layla, I’m begging, darling please.

Layla, darling won’t you ease my worried mind?

 

Quanti amori passano fra le righe di una canzone? Amori sognati, amori consumati, amori sdolcinati, amori veri, amori impossibili, comunque amori. Quando dalle note di una chitarra passano i sentimenti, gli animi si infiammano, i cuori battono all’impazzata, perché l’amore sublimato nelle canzoni è quello più desiderato: a chi non piacerebbe essere quell’una su un milione, quella che era “Always On My Mind” per Elvis, cui cantava “because i love you so much baby”?

Ah potenza cosmica delle parole d’amore sostenute da un riff!

E se quel riff lo suona Eric Clapton, pronti via! Ecco le farfalle svolazzare nella pancia sulle note di “Layla”.

Il brano, pubblicato del 1971, non ottenne un successo immediato, ci mise un po’ a rodare, anche perché la versione originale era molto lunga, quindi poco adatta ai passaggi radiofonici; nel 2004 però “Layla” viene inserita al 27°posto nella classifica delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi della rivista Rolling Stone.

Chi è dunque questa musa capace di mettere Eric Clapton in ginocchio, implorante il suo tesoro, cui chiede pace prima di diventare matto? A immaginare la scena c’è da non crederci: il più grande chitarrista vivente, con il mondo sottosopra, che implora amore in ginocchio… possiamo sospirare.

 

Layla altri non è che Pattie Boyd, modella britannica dai grandi occhi blu, moglie del Beatle George Harrison: un gran bell’esemplare di femmina umana, anche perché di brutte brutte intorno ai grandi musicisti se ne vedono poche o niente. Bene, la buona Pattie, che non disdegnava la compagnia di Mick Jagger o di John Lennon a dire il vero, dispensava la sua bellezza sorridente quale fertile musa, consentendo collaborazioni armoniose fra musicisti. George Harrison e Eric Clapton, infatti, lavoravano insieme a “While My Guitar Gently Weeps” dei Beatles (grazie Pattie! ndr) e all’album “Goodbye” dei Cream mentre si struggevano d’amore per la stessa bella.

Sia come sia, il povero Clapton ha guardato il suo amore da lontano per molti anni (il matrimonio fra la Boyde e Harrison è durato dal 1966 al 1977) al punto da intitolare il brano “Layla”, come la letteraria principessa araba che, costretta dal padre a un matrimonio combinato, fa impazzire l’uomo che l’amava realmente. Difficile comprendere se il chitarrista, dotato di un rigidissimo britannico à plomb, si struggesse pazzo d’amore, lasciandosi consumare dal “killing me softly” cantato da altri; certo è che che Layla/Pattie a un certo punto ha mollato il marito per sposarlo.

Quanta potenza d’amore in un’alternanza di chiavi in re minore e do diesis, suonata attraverso hammer on, pull-off e power chord!

 

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Elena Miglietti

Giornalista, appassionata di Medioevo e pallavolo, scrive favole. Per Coop ha coordinato per diverso tempo la redazione piemontese del periodico Consumatori, essendo anche membro della redazione nazionale. Da anni racconta l'esperienza delle cooperative Libera Terra, che lavorano le terre confiscate alla malavita dell'entroterra corleonese. E' fra i promotori del S.U.S.A. Collabora con Radiocoop dal 2010.

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