Andrea Di Quarto – Revolution. La vera storia dei Public Enemy
Una storia non facile da raccontare quella del gruppo più iconico, politico e rappresentativo nella storia del RAP.
I PUBLIC ENEMY hanno vissuto alti e bassi, scioglimenti, contraddizioni, controversie di ogni tipo, pagando un pesante pegno a scelte radicali e controcorrente.
“Ma ciò che è stato veramente rivoluzionario, nel gruppo, è il suo senso della teatralità, la comprensione del potere dell’immagine e come il drammatico passato razziale dell’America sia stato usato per lasciare un segno nella cultura pop americana”.
“La musica rap è la CNN dell’America nera” sentenziò Chuck D, cogliendo il punto e l’importanza di una modalità espressiva nuova, senza filtri, che veniva veramente dalle strade.
Strade spesso storicamente separate tra chi propugnava una via democratica, pacifista e istituzionale (Martin Luther King) e chi ancora seguiva le direttive più spicce e violente di Malcolm X e della Nation of Islam (a cui aderirono i Public Enemy) ma che erano accomunate da un obiettivo preciso: dire basta alla sottomissione dell’uomo nero.
I Public Enemy furono testimoni di rivolte nere, soprusi polizieschi e istituzionali, che ancora proseguono impuniti, e si fecero megafono dell’insoddisfazione e frustrazione di chi li subisce da sempre.
Lasciano due indiscussi capolavori come “It takes a nation of millions to hold us back” e “Fear of a Black Planet” e uno degli inni più forti di sempre, “Fight the power”.
Il libro ne riassume nei minimi dettagli la storia complessa e politica, rendendo omaggio a una delle realtà più interessanti mai emerse nella storia della musica recente.
Interessante la particolarità di “It takes a nation”:
“…grazie al lavoro diligente degli avvocati che oggi si occupano di copyright, il loro atteggiamento pionieristico nei confronti dei sample non sarà mai ripetuto…
La Bomb Squad campionò dozzine di dischi semplicemente perchè non c’era nessuno a dir loro che non potevano farlo…una volta che l’hip hop iniziò a raggiungere la massa critica, alla fine degli anni Ottanta, molti artisti rock bianchi si dissero semplicemente furibondi per il fatto che la loro musica fosse usata nel rap.
Le cause legali fioccarono ovunque e i musicisti della vecchia guardioa chiedevano di essere pagati….le case discografiche furono legalmente obbligate a pagare per ogni campione presente su un disco, rendendo l’album “It takes a nation…” un esercizio dai costi proibitivi”.
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