CABRUJA – La Corazonada
INTRO AL BRANO
“La Corazonada” è una canzone molto personale, legata strettamente a Cabruja e al suo vissuto, ma condivisa con milioni di altre persone. Riprendendo le canzoni e le sonorità della vecchia Caracas, città natale del cantante, Cabruja desidera, più che raccontare, esprimere da un punto di vista emotivo cosa vuol dire crescere e vivere in una delle città più violente e
pericolose al mondo.
Con un tasso di circa 100 omicidi all’anno per ogni 100mila abitanti, la paura e la paranoia sono sensazioni quotidiane tra i cittadini. “La Corazonada” è una specie di sentore che viene dal cuore, il presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere, una sensazione sempre presente. Per Cabruja, vivere con questa costante percezione di pericolo è già morire.
Il testo del brano fa diversi riferimenti alla città: Caracas, che veniva chiamata “la de los techosrojos” – la (città) dei tetti rossi, è situata in una valle con un clima primaverile durante tutto l’anno, ma con un carattere tropicale molto esuberante, che si riflette anche sulla personalità di chi ci abita. Il contrasto tra questi elementi paradisiaci con la terribile realtà vissuta attualmente manifesta la nostalgia di una città che non sarà mai la stessa. Cabruja, come tanti altri caraqueños espatriati, vive la lontananza da casa non come una dolce malinconia, ma come un severo lutto.
L’ALBUM
“CABRUJA”, il primo album del cantautore venezuelano, genovese d’adozione, CABRUJA, con la partecipazione di Paolo Fresu nel brano “Gloomy Sunday”. L’album è stato anticipato dal singolo “Father Lucifer”, omaggio a Tori Amos (https://www.youtube.com/watch?v=ENQ45HPnL7E).
L’album rappresenta un viaggio a molteplici livelli. Dal Venezuela all’Italia, dagli anni formativi dell’adolescenza all’età adulta conclamata, dall’amore alla solitudine, dalla mera esistenza alla consapevolezza di se stessi, dalla vita alla morte. Cabruja omaggia gli artisti e le canzoni che l’hanno accompagnato durante la sua vita, interpretandole in chiave personalissima e intima. I brani sono legati da un sottile filo rosso non subito apparente, ma che intercetta sensazioni e immagini che fanno parte del mondo dell’artista.
Sono presenti inoltre due brani inediti, scritti da Cabruja stesso, Lisboa Tbilisi e La Corazonada, che parlano del dialogo tra “un prima” e “un dopo”, un passaggio difficile ma necessario per l’evoluzione di una persona, così come l’inevitabile lutto da elaborare quando si lascia indietro una parte di se stessi.
L’atmosfera drammatica creata dagli arrangiamenti di Giancarlo Di Maria, Cristiano Alberghini per All Mine e Denis Biancucci per la parte pianistica di Alfonsina y el mar, risulta talvolta epica e profondamente malinconica grazie all’esecuzione magistrale dei musicisti che fanno parte di questo progetto.
«Quando canto è l’unico momento in cui mi sento in pace con me stesso quasi al 100% – racconta Cabruja – Mi sento bello quando canto, quindi potermi presentare cantando credo sia un’occasione non da poco. L’album è proprio questo, la presentazione di una parte molto importante di me. Ogni brano scelto dice qualcosa di me: la mia storia personale, la mia intenzione come interprete, qualcosa che voglio far notare a chi mi ascolta. Questo album è anche una curva di apprendimento, poiché mi ha permesso di vedere come si lavora in questo ambito. È eccitante e spaventoso allo stesso tempo. Ai miei quasi 42 anni sono appena un neonato!».
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