Canta che ti passa
Eccola qui una straordinaria verità in poche parole, “canta che ti passa”! Bello no? Qualcosa non va, canta! Sei arrabbiato? Canta! Sei malato? Canta! Un baldanzoso promemoria che rassicura e avvolge, per non avere paura e quindi curare tutte tribolazioni dell’anima.
Il canto come toccasana, in realtà, è cosa nota fin dall’antichità, basta pensare al buon vecchio Orfeo capace di incantare con la sua musica animali e figure terribili, da Caronte a Cerbero, passando per tutti i demoni dell’Ade. Ma “canta che ti passa” ha una storia molto più commuovente. Pare infatti che queste parole fossero incise su una trave di supporto in una trincea, scolpite dal taglierino di un soldato sconosciuto durante la Prima Guerra Mondiale, meraviglioso genio che, in uno dei momenti più bui dell’umanità, solleva lo spirito. A raccogliere la testimonianza Piero Jahier, ufficiale e scrittore piemontese, un po’ il Walt Whitman di noi altri che la trascrisse come epigrafe di una raccolta, i Canti del Soldato, descrivendola come il “buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina”.
Canta che ti passa!
Lo sanno bene i marines americani che corrono stolidamente canticchiando assurdità, per raggiungere quel livello minimo di distrazione che consente di rendere relativa la fatica, quel tanto che basta a ridurre le tensioni muscolari che facilitano il movimento, quel tanto che… vabbé dai sono marines, dobbiamo preoccuparci del loro relax in azione, sia mai che vengano fermati da un accumulo di acido lattico!
Canta che ti passa!
Lo sanno anche un po’ i Finlandesi, che scopro patiti di karaoke, che definiscono “karaoke curativo”, strumento utile, pare, per curare la timidezza, flagellante patologia nazionale. E così cantano, cantano e cantano, per trovare il coraggio di farsi avanti, trovare amici, stabilire relazioni.
Canta che ti passa!
Ok, è vero, degli effetti positivi su umore, salute, guarigione della musica e del cantare abbiamo già ampiamente parlato in altre occasioni, ma questa storia della trincea mi ha coinvolta particolarmente: qui non si tratta di effetti, qui è proprio un approccio ruffiano alla vita che mi piace un bel po’, per cui l’anonimo fante mi sta simpatico assai, me lo vedo già. Me lo vedo a morir di paura nel freddo o nel caldo delle trincee, me lo vedo a riacciuffare uno scampolo di sorriso beffardo per cui, visto che peggio non può succedere, fatti una cantatina, mal che vada muori. Meraviglia!
Canta che ti passa!
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