Dischi!
E’ tanto romantico, rimanda a qualcosa di tenebroso e entusiasmante a epoche e situazioni da film! Di cosa sto parlando? Della notizia rinverdita, che in questi giorni gira sui social, di quando all’Est, soprattutto nell’ex URSS, pur di diffondere la musica, un certo tipo di musica, si ricorreva a espedienti che oggi sarebbero materia per un film d’azione.
Ve la raccontano così: alla fine dei ’50 le autorità per allontanare i giovani dalla contaminazione culturale del capitalismo, vietavano il rock and roll statunitense. Ecco quindi fiorire un meraviglioso contrabbando, un mercato nero di dischi, molti dei quali flessibili, per non dire mollosi, i famosi roentgenizdat, registrazioni occidentali copiate su lastre usate per i raggi X. Pare sia merito dell’idea di uno studente di medicina, registrare su femori o costole, un pezzo soltanto, spesso con il titolo scritto a mano (quasi un referto…), c’è della genialità in tutto questo!
La leggenda narra di contrabbandi fra le nebbie dei porti, con marinai svedesi o finlandesi, pronti a cedere per un rublo musica d’oltre cortina, una vera e propria pirateria fatta da gente di mare, su mezzi galleggianti, molto pittoresco!
E questo è quanto si inventarono i giovani dell’Est per ascoltare un po’ di musica indiavolata con un commercio di lastre, vivo e glorioso fino alla fine dei ’70, che oggi alimenta un florido mercato di collezionisti; l’arrivo delle musicassette ha chiuso un’epoca, fatta eccezione per il punk russo che su questo supporto ha continuato a sentirsi a suo agio.
Attenzione però, proprio questa trovata mossa dalla necessità, veniva ripresa dai plutocrati occidentali per fini promozionali. Ecco quindi che il disco molle, flexi disc, phonosheet o sonosheet che dir si voglia, comincia a diffondersi a partire dagli anni ’50: sottile, fragile, pieghevole, arrotolabile, veniva allegato come omaggio a riviste. In Italia lo si trovava con Il Musichiere, la Settimana Enigmistica, con i volantini dell’Upim, oppure abbinati a prodotti come un dentifricio, una cera per pavimenti, un noto formaggio, quello della Michelin aveva tutti i jingle dei caroselli.
Questa scellerata abitudine la ricorda bene il nostro Carlo Maffini, sommo esperto in vinili e redattore qui su Radio Coop, che riporta l’attenzione sulla pessima qualità del prodotto che, a differenza delle scorribande dell’Est, non veniva usato per diffondere nobile musica.
Il vinile è una cosa seria! Carlo lo sa bene, è un materiale speciale, capace di trasmettere, oltre alla musica, anche sensazioni calde, quasi una madeline di Proust, ben lontane dalla perfetta, ma fredda tecnologia. Ce lo aveva raccontato parlando del Record Store Day, la giornata mondiale dedicata ai negozi di dischi, nata e concepita negli Stati Uniti nel 2007 con lo scopo di preservarne il valore culturale e sociale. In quella occasione, ma anche in tante altre, Carlo proponeva un dj set, rigorosamente in vinile, qualcosa di stellare, ben diverso da tanta roba che c’è in giro.
Insomma, oggi la musica si ascolta in maniera completamente diversa, ha perso la sua forma tangibile legata al supporto: dalle lastre sonore, alla musica scaricabile, con un intermezzo che ha fatto storia, il signor Vinile.
Chiedete a Carlo!
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