Francesco Aldo Fiorentino / Tommaso Lavizzari – Surf. Un mercoledì da leoni
Partendo dall’iconico film “Un mercoledì da leoni” di John Milius viene analizzata una “subculture” raramente derubricata come tale, quella della scena surf californiana degli anni Sessanta/Settanta, con dovizia di particolari e informazioni dettagliatissime.
Non c’è musica nè Beach Boys in queste pagine ma un approfondimento etico/filosofico per molti (immagino) insospettabile, scritto con estrema conoscenza della materia e tanta competenza.
“Un mercoledì da leoni” non è un beach movie nè un film d’azione. E’ un film di azioni, di gesti importanti, di sguardi d’intesa, di non detti che dicono tutto, di segni che celano e che svelano, che raccontano un mondo mentre ti dicono altro”( Darth Von Trier).
“Nei dodici anni di vita raccontati dalla storia i protagonisti sono sempre sulle onde. Apparentemente immutati eppure cambiano. C’è chi muore, chi si sistema, chi mette su famiglia, qualcuno risponderà alla patria e andrà in Vietnam”.
L’analisi dell’epoca e del fenomeno è molto accurata e anche per chi è digiuno dell’argomento è un piacere scoprirne gli anfratti più nascosti e meno prevedibili e scontati.
“Tra il finire degli anni Cinquanta e Sessanta, i surfer sono piutttosto numerosi della California meridionale, tanto da essere suddivisi in base all’area di appartenenza.
Un quantitativo che si può tranquillamente definire, per semplificare il discorso, come una vera e propria contro-cultura.
Semplificando ulteriormente possiamo affermare che se nel Regno Unito i contrasti avvenivano tra Mod e Rocker, in Californa avvenivano tra surfer e hodad data che frequentavano entrambi le spiagge. Gli hodad erano appassionati di hot rod che gironzolavano in spiaggia proprio come i surfer.
Interessante la collocazione socio/Politica/esistenziale dei surfer che descrive Paul Johnson dei Bel Airs autori della hit “Mr Moto”:
“Già prima degli anni Cinquanta/Sessanta qualcuno praticava il surf ma si trattava di adulti e non vi era una vera e propria cultura surf o un movimento aggregativo di riferimento.
I ragazzi si riversarono sulle spiagge quando arrivarono le tavole i foam.
I surfisti erano considerati degli spostati, cool per quello che facevano, ma davvero fuori dai canoni, come lo era il fatto di esibirsi in bilico sulle onde”.
Spostati che indossavano divise del Terzo Reich (“portate a casa dai genitori che avevano combattutto in Europa nella Seconda Guerra Mondiale”) con atteggiamento proto punk, ma che di politico non avevano nulla (molti di loro erano ebrei) indossate come indumenti di recupero, per creare scalpore con atteggiamento goldiardico.
La narrazione prosegue in costante bilico tra il SURF MONDO e il REAL MONDO (che si fondono tra guerra in Vietnam, l’arrivo massiccio delle droghe pesanti, l’integrazione nel “sistema”).
“Il film è riuscito nel tentativo di fotografare un’epoca che rispecchia i valori spirituali del surf attraverso topoi e archetipi che hanno raggiunto le masse, tanto da coinvolgere anche chi ilsurf non lo conosceva.
Ha contribuito a distribuire il surf capillarmente e per certi versi con questa pellicola Milius ha realizzato un’opera di evangelizzazione.”
Una pubblicazione essenziale per chi è alla costante scoperta di nuove modalità conoscitive delle sottoculture giovanili sparse nei decenni in varie parti del mondo.
Questo interessante e documentato libro aggiunge un ulteriore tassello.
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