I Love Radio Rock, come costruire un film intorno a una colonna sonora.
Negli anni 60 in Inghilterra, i giovani si nascondevano sotto le coperte per sintonizzarsi sulle stazioni pirata che trasmettevano la loro musica. Ce lo racconta Richard Curtis nel film I Love Radio Rock, parabola divertente come solo gli Inglesi sanno essere, sul fascino del proibito, ma soprattutto sul gusto unico della libertà. Libertà che si esprime attraverso una radio clandestina, ospitata su un improbabile peschereccio, al largo delle coste britanniche.
La colonna sonora si compone di un doppio disco con 36 pezzi, uno più bello dell’altro, con nomi che fanno girare la testa e soprattutto battere mani e piedi a ritmo. Divertente ricordare come ogni pezzo corrisponda alla selezione musicale di ciascun protagonista del film.
Inizio col botto: i Kinks di All Day and All of the Night, scelti dal “Conte” Philip Seymour Hoffman, poi i Beach Boys, Wouldn’t It Be Nice, gli Who pre-Tommy, My Generation e I Can See for Mile e Jimi Hendrix con The Wind Cries Mary. Difficile sbagliare il prodotto potendo sbizzarrirsi con una simile abbondanza. Azzeccata la combinazione di ritmi, generi, influenze: A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, Elenore dei Turtles, Dancing in the Street di Martha & The Vandellas, Father and Son di Cat Stevens, I Feel Free dei Cream.
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Uniche eccezioni agli anni ’60, Let’s Dance di David Bowie e Stay with Me Baby di Duffy, gallese di oggi con all’attivo un Grammy, milioni di dischi venduti e con una voce di ieri à la Dusty Springfield. La selezione smuove, commuove e fa emergere lo spirito di un’epoca che non finisce mai. Nessun pezzo dei Beatles, forse per un problema di diritti d’autore e dei Jefferson Airplane che, pare, girassero alla grande sui piatti lassù nel Mare del Nord.
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