IL SANTO (feat Charlotte Ferradini) – Melò
“Melò” è un duetto con Charlotte Ferradini, la figlia del cantautore Marco Ferradini. Si tratta del secondo singolo di Magarìa il quarto album de Il Santo, Roberto Santoro, il cantautore che, tra musica e teatro, attinge le radici della sua arte nella Magna Grecia che gli ha dato i natali. Un lavoro collegato alla sua storia e alla sua terra di cui il primo estratto, Edipo a Milano, il primo singolo, è un esempio chiaro. Una canzone scritta in memoria del grande produttore discografico Angelo Carrara (già produttore fra gli altri di Battiato e Ligabue, nonché dei primi tre dischi di Santoro). La canzone rilegge il mito di Edipo, nel frangente dell’ultimo atto della tragedia di Sofocle “Edipo a Colono”, quando l’eroe greco, ormai stanco e sconfitto dagli eventi, si avvia alla propria ineluttabile fine.
Così Roberto Santoro ha scelto di diventare Il Santo, portatore della sua opera più matura in un concept album organizzato come una vera e propria opera teatrale strappata dall’antica Grecia e portata ai giorni nostri, trascritta in musica attraverso un genere folk ricercato e musicalmente colto. Il connubio tra la storia della terra ed il presente appare già nella scelta del titolo “Magarìa”, che significa incantesimo, magia. Nel vernacolo calabrese l’artista racconta della ricerca della consapevolezza, dell’abbandono e del cammino, passando per “La quercia e gli ulivi, un limone, infine il mare purificatore”. Un viaggio definito come inevitabile: “Ho raccolto la forza e la memoria dei luoghi. È il battesimo della conoscenza”. Dalla conoscenza si entra nella sezione del disco che parla dell’amore e dell’attrazione. Si tratta di “Lamoremio”, volutamente scritta senza apostrofo, perché in amore “Tutto è Uno, anche l’apostrofo nel titolo è abolito”. “Complimenti” canta l’euforia dell’incontro, dove il seduttore si muove scaltro attraverso le adulazioni con figure iperboliche che anticipano una dichiarazione di seduzione e divertimento. “Pura Vida” è il viaggio dell’amore, l’augurio costaricense per una vita pura. Gli amori, nella vita così come nelle narrazioni, possono terminare: è alla fine di una relazione che si rivolge “Melò”, un dialogo tra due innamorati, fatta in collaborazione con Charlotte Ferradini, dove l’artista ha deciso di attingere anche dal cinema, in una contaminazione tra Antonioni e Truffaut. Nel finale, sulle parole “ti amo e non ti amo” un synth cita “Je t’aime… moi non plus” di Serge Gainsbourg. Ma la fine di una relazione non è per forza legata alla fine dell’amore, ed è al sentimento che sopravvive, al dolore, che è dedicata “Il mio Fado per te”. “Una donna amata, una volta mi mandò al diavolo. Ed io ci andai. Questo è il resoconto” . Lo stile rievoca il melodramma italiano, ma questa volta unito al Fado, la musica tipica portoghese. Il primo atto si conclude ed inizia il secondo, dedicato al Mythos, dove l’età classica e la contemporaneità si incontrano. “Miracolo a Spinone” è la ricerca dell’origine della leggenda, il richiamo alla terra è ancora presente con il riferimento a Spinone al Lago, piccolo centro bergamasco dove Roberto Santoro ha vissuto per un anno: “Leggenda vuole che di notte tale “dama del lago” cammini sulle acque del lago. Ho immaginato l’antefatto, il trauma che la trattiene, ambientandolo negli anni della seconda guerra mondiale, fra sentimenti imperituri e violenze criminali”. Non può che appartenere a questa sezione la già citata “Edipo a Milano” e ad essa si aggiunge “Regina Grand Amor”, un richiamo all’amore ma con il linguaggio del mito, un sentimento che non si arrende al tempo e alla morte. “L’ho colta dalla terra, dalla corteccia degli alberi, dalle mani di un falegname, dalle sue rughe contadine, conosciute in queste pianure padane che mi ospitano. Un canto dialettale, grano per grano, come un rosario”. Il mito ha nella sua definizione un insieme di realtà vere o veritiere, stupore e grandezza. Così anche un esame di Filosofia Teoretica sulla fisica quantistica che celebra Eraclito, Buddha, il taoismo e l’induismo, unito ad un incontro casuale con un disadattato, Vanni, alle sue storie, può diventare la base di una narrazione mitologica come quella di “Storia di Vanni”. “Non seppi mai il suo vero nome. Non lo vidi mai più. L’esame andò molto bene”. Si entra nella parte finale del disco, con “Sai Maria, volevo dirti” che fa da anello di unione tra tutti i filoni dell’opera. C’è l’amore, quello della magia degli effetti e delle piccole cose. Magia e incantesimo della Magarìa vissuti con il sentimento della passione e narrati con la modalità del mito. Il congedo finale, l’epilogo, è affidato a “Joie de Vivre”, la musica dei titoli di coda di Magarìa dove Il Santo annuncia che: “Il canto è il suo Vangelo: vivere come in una danza, riconoscersi fra gli elementi, testimoniando e raccontando una nuova epica”. |
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