Luca ‘O Zulù Persico – Vocazione rivoluzionaria

Che la voce dei 99 Posse ne avesse da raccontare era indubbio.
La rap band napoletana ha segnato a fuoco la scena musicale italiana, diventando uno dei nomi più rappresentativi non solo del giro hip hop ma ha saputo anche rapportarsi in maniera sempre equilibrata con un ambito più ampio, dall’autogestione dei centri social al mainstream delle major discografiche.

Con difficoltà, contraddizioni, contestazioni ma mantenendo sempre una credibilità e autorevolezza indiscutibili, nonostante le immancabili critiche e accusa di essersi “venduti” quando è arrivato il successo.
Una popolarità gestita molto spesso a fatica, tra centinaia di concerti, offerte economiche molto generose, rifiutate in nome della coerenza mentre il “fuoco amico” imperversava nel nome di chissà quale integrità e regola di appartenenza.

In mezzo l’impegno politico e sociale, sul campo, tra manifestazioni di piazza, viaggi in Palestina, Iraq, Chiapas, talvolta molto rischiosi e la ferita ancora grondante sangue del G8 di Genova.

Le “mazzate” sono una triste (per quanto raccontate sempre con ironia e sarcasmo, conseguenza prevista di certe azioni) costante di molti di questi episodi (per inciso: prese e restituite).

Inaspettata la caduta nelle dipendenze più estreme da cui è uscito con fatica e a malapena.
In tal senso il racconto non ci risparmia nulla.
Grazie alla moglie Stefania e al figlio Raul, arrivò l’àncora di salvezza a cui aggrapparsi per uscirne vivo. Una lotta dura che segue la prima fine della band, nel 2001 (si riuniranno nel 2009).

Da cui nascono nuovi progetti, esperienze discografiche e teatrali, nuovi tour, dischi, collaborazioni, libri, articoli per giornali. A fronte di questa continua battaglia una considerazione inaspettata e, per molti aspetti, ironica e divertente.
“Nel frattempo perdevo il controllo su quello che accadeva sui social, di cui non mi occupavo per manifesta incapacità tecnica e ostilità generazionale, aggravata da futili motivi. E sui social c’era la guerra”.

Dopo tante battaglie a mani nude, quella virtuale delle malevolenze spietate dei social sono ingestibili, molto più pericolose e infide e chi non è preparato, pur grande e grosso che sia e con esperienze ben più terribili alle spalle, rischia di soccombere (anche in questo il già citato “fuoco amico” è in prima linea).

Un racconto sincero, diretto, che si alterna a vari testi e a un buon apparato fotografico. Una fotografia sempre di una generazione combattente e non ancora doma.

Antonio Bacciocchi

Scrittore, musicista, blogger. Ha militato come batterista in una ventina di gruppi (tra cui Not Moving, Link Quartet, Lilith), incidendo una cinquantina di dischi e suonando in tutta Italia, Europa e USA e aprendo per Clash, Iggy and the Stooges, Johnny Thunders, Manu Chao etc. Ha scritto una decina di libri tra cui "Uscito vivo dagli anni 80", "Mod Generations", "Paul Weller, L’uomo cangiante", "Rock n Goal", "Rock n Spor"t, Gil Scott-Heron Il Bob Dylan Nero" e "Ray Charles- Il genio senza tempo". Collabora con i mensili “Classic Rock”, "Vinile" e i quotidiani “Il Manifesto” e “Libertà”. E' tra i giurati del Premio Tenco e del Rockol Awards. Da sedici anni aggiorna quotidianamente il suo blog www.tonyface.blogspot.it dove parla di musica, cinema, culture varie, sport e con cui ha vinto il Premio Mei Musicletter del 2016 come miglior blog italiano. Collabora con Radiocoop dal 2003.

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