PAUL WELLER – 66
Paul Weller festeggia il 66° compleanno con il titolo omonimo per il 17° album solista.
La consueta, doverosa, premessa è che non ha nulla da dimostrare, la sua carriera quasi cinquantennale, solista inclusa, parla chiaramente.
Può dare sfogo alle sue esigenze creative senza dover compiacere critici, fan o chiunque altro.
L’album parte fortissimo con l’intensa ballata quasi jazzata “Ship of fools” in coppia con Suggs, molto “british” e Kinks e prosegue con il brano forse più complesso (e tra i migliori), “Flying fish”, che mischia ritmiche quasi disco con una progressione che ci tuffa in un groove più rock, il tutto corredato da ampio uso di effetti elettronici.
“Jumble Queen”, già proposto dal vivo, è composto con Noel Gallagher (presente anche nel brano), un poderoso soul rock con tanto di fiati e potente riff chitarristico.
Ballata nel consueto stile Welleriano, “Nothing” è abbastanza anonima.
Più definito il bluesaggiante e malinconico “My best friend’s coat”.
“Rise up singing” è puro Style Council, con un’orchestrazione sontuosa e toni gospel, non male.
Archi a profusione e impostazione acustica anche nelle successive “I woke up” e “Gimpse of you”, sontuosa e quasi da colonna sonora cinematografica di un film anni Cinquanta.
Un po’ jazzy e sbarazzina “Sleepy Hollow” con solo di vibrafono ad addolcire il tutto. Carina.
“In full flight” è un’altra ballata, molto lenta, che ci lascia in un clima molto rilassato e un tantino sonnolento.
“Soul wandering” torna, per fortuna, ad alzare i ritmi con l’apporto di Bobbie Gillespie, un buon soul funk dalla chitarra energica e atmosfere gospel con sezione fiati.
Uno degli episodi più interessanti.
La conclusione dall’incedere epico e solenne di “Burn out” ci consegna quasi ai Pink Floyd anni 70.
In definitiva Weller confeziona un altro buon album ma, a parere personale, senza lode né infamia, a tratti particolarmente anonimo e poco ispirato, soprattutto al confronto con i momenti più riusciti.
La qualità compositiva del Nostro è conosciuta e non è certo in discussione ma, a malincuore, “66” non rientrerà nelle sue migliori opere soliste.
Incredibile! Per un fan assoluto di Paul Weller come tu sei, leggere che questo disco non è niente di particolare fa quasi male…
Sarà che dopo tre brutti dischi questo finalmente mi piace, però stavolta non condivido la tua opinione.
Un caro saluto da Cagliari, ciao!
Ciao Corrado. In realtà non è un brutto disco, siamo sempre a livelli più che alti. Ma mi ha deluso, perché da Weller mi aspetto sempre il massimo. L’ho ascoltato un sacco di volte ma alla fine mi ha lasciato davvero poco. Sempre Forza Cagliari!!!
Grazie Tony
Tornate da noi e suonate!