Robyn Hitchcock – 1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato

L’artista inglese è sempre stato un discepolo fedele della breve epica e attitudine sonora di Syd Barrett che ha permeato la sua prima avventura con i Soft Boys e la successiva incarnazione solista.
Non stupisce quindi che questa sua autobiografia “1967” (edita da Hellnation Libri, tradotta da Carlo Bordone) ruoti pressoché esclusivamente intorno al fatidico 1967 e ai suoi quattordici anni, quando scoprì e si innamorò di Bob Dylan, la Incredible String Band e, inevitabilmente dei Beatles, in una sorta di sgangherato quanto fascinoso romanzo di formazione psichedelico.

I flash pre adolescenziali sono abbaglianti fotografie che abbiamo un po’ tutti vissuto:
“Non vedo l’ora che la mia voce si abbassi, che mi cresca una peluria rispettabile e di abbandonare finalmente lo scricchiolante reame della fanciullezza.”

Arrivano anche David Bowie e Jimi Hendrix:
“Sono un adolescente in fiamme, Cristo santo questa è musica che ti fa levitare”.
I vestiti diventano più audaci, i capelli si allungano. “Sto imparando che il barbiere è il nemico naturale della libertà”.

Anche se il periodo di transizione è ancora lungo e complesso “Una cultura in cui sono tutti maschi e le donne sono un’altra specie, esistono solo dietro a un vetro, come una Monna Lisa. Ci sono le persone e poi ci sono le femmine”.

Improvvisamente arrivano un giradischi e una chitarra e nulla sarà mai più come prima “Ho la mia chitarra e mio cugino, sia benedetto, mi presta uno di quegli oggetti che ti cambiano la vita: un giradischi a pile.”

Cambia anche il tanto agognato aspetto fisico “Sono alto un metro e ottanta e con un caschetto alla Beatles” ma anche una constatazione postuma illuminante, che in molti possono condividere: “Sono un adolescente e lo rimarrò per il resto della vita”.

Incomincia a suonare sopra ai tanto amati dischi dei nuovi idoli:
“Il mio istinto è suonare la chitarra molto prima di avere imparato a suonarla”.

Alla fine Robyn vivrà con la sua musica, girerà il mondo, inciderà eccellenti dischi, rilascerà interviste a quelle riviste che spulciava freneticamente da adolescente, seguendo quello “spirito del 1967” da cui è partito.

A parte tutto sono grato che l’orologio fermo del 1967 rintocchi ancora dentro di me. Mi ha dato un mestiere per la vita”.

Robyn Hitchcock
1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato.
Red Star Press/Hellnation libri
216 pagine
19 euro

Antonio Bacciocchi

Scrittore, musicista, blogger. Ha militato come batterista in una ventina di gruppi (tra cui Not Moving, Link Quartet, Lilith), incidendo una cinquantina di dischi e suonando in tutta Italia, Europa e USA e aprendo per Clash, Iggy and the Stooges, Johnny Thunders, Manu Chao etc. Ha scritto una decina di libri tra cui "Uscito vivo dagli anni 80", "Mod Generations", "Paul Weller, L’uomo cangiante", "Rock n Goal", "Rock n Spor"t, Gil Scott-Heron Il Bob Dylan Nero" e "Ray Charles- Il genio senza tempo". Collabora con i mensili “Classic Rock”, "Vinile" e i quotidiani “Il Manifesto” e “Libertà”. E' tra i giurati del Premio Tenco e del Rockol Awards. Da sedici anni aggiorna quotidianamente il suo blog www.tonyface.blogspot.it dove parla di musica, cinema, culture varie, sport e con cui ha vinto il Premio Mei Musicletter del 2016 come miglior blog italiano. Collabora con Radiocoop dal 2003.

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