SANO – Privilegio stupendo
Il videoclip di Privilegio stupendo, la focus track di Opopomoz, il disco d’esordio di SANO uscito in digitale il 14 novembre per Bomba Dischi/WEA.
Privilegio stupendo è il manifesto di un’intera generazione che cerca di restare idealista pur sapendo che non serve; un brano sul capitalismo, o contro il capitalismo che ci troviamo, per forza di cose, ad abbracciare. SANO gioca con le antitesi – amore e violenza, bellezza e distruzione – senza mai perdere il controllo. La scrittura è tesa ma si apre in ritornelli dolci e pieni di vita. Il “privilegio stupendo” del titolo è quello di vivere e crescere dentro le proprie contraddizioni, senza ridurle a slogan, quello di una gioventù che si rimpiange mentre la si vive. Qui si sente davvero quella “corruzione al pop” che è il fil-rouge dell’album, la lezione dei cantautori italiani, filtrata da una mente che è cresciuta tra le macchine e i beat e da un’anima con forti radici strumentali e melodiche.
È la prima canzone di questo nuovo percorso che ha scritto SANO insieme a Drast. “Canzone” nel vero e proprio senso del termine, con la struttura e i passaggi tipici del pop. Il pianoforte è protagonista, si aggiungono gli archi, la voce nitida di SANO viene bilanciata dall’ottava inferiore che rende tutto più caldo. Entra una batteria elettronica che porta allo special e il brano si chiude piano e voce.
Il videoclip nasce dall’idea di accostare una canzone d’amore aperta e delicata a un fenomeno sociale attuale e radicalizzato come il catfishing, creando un effetto di straniamento tenero e dolceamaro. L’universo delle chat d’incontro usate dalle persone di mezza età viene raccontato senza moralismi e senza caricature, mettendo in luce la sua malinconia fatta di solitudini accumulate, goffaggine, desiderio e algoritmi che promettono connessione mentre la rendono sempre più rarefatta.
In questo contesto, il personaggio di Sano sceglie di fingersi una donna non per un’esplorazione identitaria, ma per pura noia, per un disagio generazionale che lo spinge a rifugiarsi in un ruolo inventato e che si misura con piattaforme che trasformano l’intimità in un meccanismo da videogioco, sempre a metà tra speranza e dipendenza.
Il risultato è un racconto post-ironico che unisce dolcezza e disillusione, mostrando un amore che prova a sopravvivere dentro un paesaggio capitalistico di desideri monetizzati, identità provvisorie e fragilità che nessun algoritmo riesce davvero a prevedere.
Scritto, composto e prodotto a sei mani da SANO, Rainer Monaco (produttore di Thru Collected) e Drast (PSICOLOGI), Opopomoz è un lavoro che spazia dal cantautorato italiano al rap fino all’urban napoletano e alle nuove derive della trap 3.0. Eterogeneo nelle produzioni e nei riferimenti, il vero filo conduttore del disco è la scrittura diretta e personalissima di SANO che guarda al lirismo istintivo come forma espressiva ma non rinuncia a una profondità concettuale e che scrive con la furia di chi non ha paura di essere frainteso, e con la grazia di chi sa che anche nel caos più sporco c’è sempre una forma di verità.
È il risultato dell’esigenza di fare ordine nella propria arte, di emanciparsi e di riformulare la propria attitudine al fare musica cercando di essere più comprensibile, più immediato, senza abbandonare o rinnegare le radici e il percorso intrapreso fino ad ora. E questo SANO lo fa mettendo nel disco qualcosa che gli è sempre appartenuto ma non aveva mai esplicitato: la sua anima (anche) pop, l’approccio melodico nella scrittura dei pezzi e la voglia di fare “canzoni” nel senso più puro del termine.
È un racconto di identità, trasformazione ed emancipazione, di una generazione che alterna lucidità e autodistruzione, cercando riscatto in amori tossici, nelle sostanze e nella musica stessa, forma di sopravvivenza e di autoanalisi, di una gioventù che si consuma in tempo reale, e diventa un privilegio che si rimpiange mentre la si vive, di un equilibrio che arriva solo quando smetti di fingere di non aver paura.
Opopomoz è sincero, impulsivo, pop e poetico insieme. E soprattutto, è vivo.
Il titolo dell’album richiama “Opopomoz”, la parola magica del film d’animazione di Enzo D’Alò ma, nella visione di SANO, “Opopomoz” diventa una metafora di trasformazione artistica, la formula che rende vivibile la realtà senza edulcorarla, il passaggio dal mondo più autentico e indipendente a quello del pop, con tutte le sue seduzioni e compromessi.



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