Victoria Mary Clarke / Shane McGowan – Una pinta con Shane McGowan
Ci sono musicisti che, nonostante una carriera più che dignitosa, vengono ricordati quasi esclusivamente per la loro immagine, il personaggio che si sono creati, che ha abbondantemente superato la qualità artistica del loro operato. Tanto più se la fama deriva da comportamenti eccessivi e sopra le righe.
L’epitome è sicuramente Ozzy Osbourne, voce dei Black Sabbath, protagonista di mille episodi all’insegna delle più svariate esagerazioni ma l’elenco è lungo, non solo nella storia del rock.
Anche nel jazz, soul, country e nella musica leggera non mancano liste di episodi epici.
Il caso di Shane McGowan, cantante degli irlandesi Pogues, è abbastanza simile.
Alcolista all’ennesima potenza, con una lunga confidenza con ogni tipo di droga, gioventù da teppista violento, iniziato alla birra e whisky fino dalla tenera età, grande amicizia con il gioco d’azzardo e con (brevi) periodi in gattabuia, incline alla rissa e al naso rotto, qualche mese perfino in manicomio.
Nonostante l’idea di creare una band che mischiasse la musica folk irlandese, già di per sé piuttosto frizzante, con punk, rock, blues, country, rhythm and blues, sia stata geniale e abbia creato un vero e proprio genere, seguito da decine di gruppi in tutto il mondo e che gli ha procurato fama, successo ed eccellenti dischi, viene puntualmente ricordato per le sbronze colossali, l’aspetto che definire trasandato è un eufemismo (soprattutto la sua celebre dentatura letteralmente a pezzi), il comportamento costantemente al limite che, non poche volte, lo ha portato vicino alla morte.
Esce ora per Tsunami Edizioni una particolare autobiografia, intitolata significativamente “Una pinta con Shane McGowan” in cui il protagonista si racconta attraverso 400 pagine di intervista fattagli dalla (pazientissima, al limite della santità) scrittrice e giornalista, nonché moglie, Victoria Mary Clarke.
Domande che abbracciano tutta la sua vita, dall’infanzia in poi, lo guidano attraverso la sua mente un po’ confusa che salta spesso di palo in frasca ma che ricuce alla perfezione una vicenda non solo curiosa e interessante ma unica.
Shane sa essere provocatoriamente ironico (“Non mi piacciono i bambini, mi danno i brividi. Se ne avessi uno gli insegnerei come si fa a fumare il crack”) ma anche profondo e lucido nella visione della vita, della società e della politica. Cresce nelle selvatiche campagne irlandesi, assimilandone le tradizioni, la cultura, l’avversione per gli inglesi.
“Penso che l’odio per gli inglesi sia stato alimentato dai vecchi di casa ma è stato rafforzato dal fatto che si sono rivelati un branco di bastardi, proprio come me li avevano descritti”.
Sono gli anni (i Sessanta) in cui la repressione nei confronti dei separatisti dell’Irlanda del Nord è feroce e l’appoggio ai ribelli e terroristi dell’IRA quasi unanime da parte del popolo irlandese.
Sperimenterà sulla sua pelle questa atavica divisione quando si trasferirà con i genitori a Brighton, subendo spesso i dileggi e le discriminazioni dei coetanei inglesi che lo chiamano dispregiativamente “paddy”.
Un po’ studia (è un piccolo genio della letteratura), un po’ lavora ma la sua occupazione preferita è mettersi nei guai.
“Credevamo nelle droghe pesanti, nel rock ‘n’ roll a tutto volume e nei capelli ragionevolmente lunghi. Eravamo i classici soul boys, alternativi e selvaggi, uno shock per i genitori dei nostri conoscenti, indossavamo giubbotti di pelle, jeans e pantaloni di pelle, ascoltavamo Stooges, Small Faces, MC5, Black Sabbath, Led Zeppelin, Roxy Music”.
Sarà una logica conseguenza che Shane finisse nella primissima scena punk londinese, dove si trova perfettamente a suo agio, tra gli eccessi e la violenza (indotta) dall’estetica e dal comportamento dei suoi aderenti.
E’ costantemente presente ai principali concerti dell’epoca (spesso ripreso da fotografi e telecamere) e fonda una band, i Nipple Erectors, poi Nips, prodotti anche da Paul Weller, con cui realizza alcuni 45 giri, senza particolare successo.
“La società pensava che fossimo feccia, la polizia pensava che tutti i giovani fossero feccia, il governo pensava che tutte le persone fossero feccia. Ed è ancora così, la democrazia non esiste, nessuno otterrà mai un trattamento equo perché ha protestato contro qualcosa o perchè ha combattuto una guerra. La vita è una merda. Ai tempi non c’era lavoro, l’unico modo per fare soldi era rubare o inventarsi qualcosa: fare vestiti, lavorare in un sexy shop o in un negozio di dischi. Oppure fare una band. Ecco perché c’erano così tanti gruppi, la gente cercava solo di fare soldi”.
Il punk cambia radicalmente il suo modo di essere e lo introduce in una nuova dimensione.
“Abbiamo infranto tutte le inibizioni che avevano cercato di inculcarci. Siamo andati oltre quei condizionamenti. Tra noi c’erano omosessuali, bisessuali, lesbiche, asessuali, eterosessuali, monogami, poligami. Non c’erano regole sul sesso, nessuna morale. Se ti fa sentire bene, fallo. Questa era la nostra morale”.
Da questa scena prende la forza per iniziare a fare sul serio con la musica e, nel 1982, fonda una nuova band originariamente chiamata in gaelico Pogue Mahone (“Baciami il …”), poi contratta in Pogues.
“Volevo fare una musica pura che potesse essere di qualsiasi epoca, volevo rendere il tempo irrilevante, rendere irrilevanti decenni e generazioni. Non volevo fingere di essere un intellettuale.
Volevo che la musica non parlasse di angoscia e di quanto sia terribile starsene nella propria camera da letto a farsi di eroina o stronzate del genere. Non volevo parlare di quanto fosse brutto bere, volevo celebrare l’uso di droghe, il bere e la vita.
Volevo celebrare il lato squallido della vita che piace a me. Mi piacciono i pub, la droga e il sesso. Detestavo la tendenza all’apatia degli anni Ottanta e i musicisti che si comportavano bene”.
Il gruppo decolla velocemente. Con la produzione di Elvis Costello piazzano un colpo vincente con l’album ”Rum, Sodomy and Lash” nel 1985, seguito dal grande successo di “I should fall from Grace with God” nel 1988.
La loro vita diventa un continuo party in giro per il mondo tra sbronze senza fine, concerti travolgenti, un ritmo dissipato che lascia per strada parecchi componenti e crea continui problemi alla stabilità della band, soprattutto a causa della totale inaffidabilità di Shane, spesso incapace di salire sul palco.
Nel 1991 viene licenziato e il suo posto in tour preso nientemeno che dall’ex Clash Joe Strummer.
I Pogues proseguono per un po’ ma con un declino costante di popolarità, Shane si ricicla con i discreti Popes. La band si riunirà nel 2001 suonando periodicamente dal vivo per brevi tour che faranno riemergere vecchie cicatrici e antichi conflitti.
L’ultimo concerto è datato 2014, dopo di che la carriera del gruppo viene dichiarata conclusa.
Shane è ricomparso raramente sulla scena per qualche concerto come ospite anche a causa di una salute sempre più precaria, conseguenza della vita eccessiva condotta.
Ha recentemente dichiarato di essere per la prima volta sobrio dall’età di otto anni (in cui incominciò a bere Guinness che gli davano i nonni per farlo dormire…).
Rimane un inguaribile nazionalista, come sempre eccessivo nelle sue dichiarazioni, abbastanza incomprensibili per un italiano (e non solo):
“I Pogues non sarebbero mai esistiti se non fossi stato irlandese. L’Irlanda significa tutto per me. Mi sono sempre sentito in colpa di non avere dato la vita per l’Irlanda, non che avrei potuto cambiare le cose ma mi sono vergognato di non avere avuto il coraggio di unirmi all’IRA. I Pogues sono stati il modo per superare quel senso di colpa. E ripensandoci forse ho fatto la scelta giusta. L’Irlanda è la più grande nazione del mondo e gli irlandesi il popolo più importante del mondo”.
Il classico personaggio da amare o odiare, sicuramente con cui è sconsigliato (perlomeno fino a poco tempo fa) trascorrere più di cinque minuti, a meno che di essere ubriachi fradici. Non è stato mai un esempio, anzi, il perfetto “cattivo maestro” da cui guardarsi, ma che ha saputo lasciare un’eredità artistica unica e a cui si continua a guardare con affetto.
Lunga vita, Shane!
Victoria Mary Clarke / Shane McGowan
Una pinta con Shane McGowan
Tsunami Edizioni
340 pagine
23 euro
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