Pete Seeger, il menestrello folk dell’America Profonda
Sulle ultime note del suo inseparabile banjo, ci saluta anche Pete Seeger che si è spento ieri a New York alla veneranda età di novantacinque anni. Seeger è stato uno di quei personaggi che è bene esistano, una di quelle lampadine accese, sui fatti del mondo, uno di quelli che hanno la denuncia nel sangue. Con Woody Guthrie, altra immensa anima, ha composto e cantato fino alla fine degli anni quaranta, diventando una colonna della musica folk.
Delle sue idee politiche si sa, ma ciò che ha reso grande questo personaggio è sempre stata la sua capacità di leggere il mondo, mettendo la sua arte al servizio di tutti, segnalando abusi e ingiustizie, viaggiando nell’America profonda, toccando con mano il disagio, sbottando qualche volta, come la forte invettiva contro Lyndon Johnson e la guerra in Viet Nam. Colpito dalla censura, vittima del più becero maccartismo, ha tenuto desta la cultura americana progressista negli anni cinquanta, componendo brani che sono divenuti classici, quei talking blues che, con l’andamento parlato, fanno tanto Delta del Mississipi o campo di mais del midwest, al tempo della grande depressione.
Cresciuto in una famiglia di musicisti e ricercatori musicali, negli anni sessanta ha scritto How to Play the Five-String Banjo, un manuale divenuto un classico, un’opera che ha formato intere generazioni di banjoisti, ma è nell’incisività dei suoi testi che Pete Seeger ha infuso la sua anima battagliera e mentre lascia questo mondo, io vi lascio con “Turn! Turn! Turn!” Il brano tratto dall’Ecclesiaste, ripreso anche dai Byrds e inserito nella colonna sonora di Forrest Gump.
Per ogni cosa c’è il suo momento…
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