Ode al sonno
Ultimamente non è raro imbattersi in odi al sonno, apologie della nanna, dissertazioni poetiche su pennichella e pisolino, trattati sulla ronfata. Insomma dormire è bello, piace a tutti e guai a chi dis-turba il riposo.
In questa apoteosi del dormire, sommo piacere per i sensi e balsamo per l’anima, è facile imbattersi in musiche e brani dedicati, a cominciare da “Moonlight Serenade”, melodia liquida capace di mettere chiunque in pace col mondo di Glenn Miller, a “Dream a Little Dream” rigorosamente nella versione sensuale e femminile di Doris Day.
E se, con una forzatura, “Hello, darkness my only friend” può risuonare come un benvenuto al buio e quindi al sonno in “The Sound of Silence” (ma stiamo proprio forzando), è innegabile che la vera ode al dormire in pace l’abbia scritta nel 1996 John Lennon.
“I’m Only Sleeping”, il cui testo fu scarabocchiato sul retro di una lettera, descrive le gioie del poltrire a letto: pare che il vecchio John fosse capace di dormire all’infinito, un vero cultore del sonno, tanto che sull’argomento tornerà due anni dopo con “I’m So Tired”, canzone in cui, purtroppo, maledice lo stato di insonnia che lo attanagliava in quel periodo.
Il sonno è sacro, riposare è un atto di civiltà, tanto che i Romani inventarono un dio protettore per i dormiglioni, quel Morfeo dalle grandi braccia che accoglie e culla i nostri sonni notturni o pomeridiani, sul divano o sotto un sombrero, in ogni caso pause indispensabili e rigeneratrici, magari con una buona musica di sottofondo.
“Morire, dormire. Dormire, forse sognare”.
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