Il sogno dell’icona che canta
Varrebbe la pena di svegliarsi una mattina e scoprire di essere diventati un’icona! Così, senza sforzo, una cosa semplice semplice, che ti consegni all’eternità, mentre eri lì a esistere in pace.
Ok, succede a pochi, pochissimi esemplari del genere umano, gli altri ci provano una vita, ma gli riesce male. Ad Audrey Hepburn no, è andata diversamente. Lei è nata nel 1929, in un periodo bello tosto, ha vissuto il nazismo nei Paesi Bassi, ha patito la fame (la sua magrezza tanto cara a Givenchy era il risultato di un rachitismo da cattiva nutrizione!), ma nonostante le bombe, gli stenti e l’orrore della guerra, ha continuato a studiare danza e recitazione, per diventare la meraviglia delle meraviglie. Una rivoluzionaria silenziosa e inconsapevole, Audrey Hepburn ha sparigliato le carte dello star system americano, vincendo un Oscar per il suo primo film, Vacanze Romane, in un paese dove la carriera degli attori, ancora di più delle attrici, prevedeva passi cadenzati: esordio, rafforzamento del personaggio, passaggio a ruoli drammatici, raccolta degli allori. Invece arriva lei, con un fisico esile in tempo di maggiorate, capello corto e occhio scuro e, senza troppo esagerare, cambia tutto.
Elegante ed eterea, quasi angelica (lo sa bene Spielberg che, a fine carriera, le fa interpretare un angelo in Always), la Hepburn, riesce a entrare nell’immaginario collettivo con un film, un abito, un’acconciatura, una camminata e un brano meraviglioso. Audrey Hepburn non ha interpretato Colazione da Tiffany, lei è Colazione da Tiffanye avrebbe meritato un altro Oscar, ma la amiamo ancora di più perché quell’anno fu messa da parte a vantaggio di Sophia Loren.
Il personaggio di Holly Golightly, da lei impersonato nel film, tratto dal romanzo di Truman Capote e diretto da Blake Edwards nel 1961, è considerato come una delle figure più incisive e rappresentative del cinema del XX secolo, non solo in America. Il ruolo doveva essere di Marilyn Monroe e non si possono immaginare due figure più agli antipodi: solo Audrey Hepburn poteva recitare per un intero film senza che nessuno (quasi) si accorgesse del mestiere praticato dal suo personaggio. Un film la cui forza traspare dall’immagine sofisticata dell’attrice con occhialoni e cappello e che diventa dirompente nella scena in cui, ornata solo di un asciugamano sui capelli, una chitarra, con la sua voce per corredo, accenna le note di “Moon River”.
Sospiriamo!
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