PAUL WELLER – On sunset
Il quindicesimo album di PAUL WELLER ne conferma la grande classe compositiva, la voglia costante di non volersi riproporre uguale a sé stesso, il gusto di sperimentare.
“On sunset” é un BUON ALBUM, con ottimi brani ma che suona eccessivamente di maniera, raramente ha un guizzo, un graffio, una fiammata.
Rimane qualitativamente sopra una spanna di buona parte della produzione attuale, non é lecito aspettarci ogni volta un capolavoro da chi é in giro da ormai 45 anni ma sicuramente non sarà ricordato sul podio delle sue migliori prestazioni.
Ancora una volta stupisce la pochezza grafica della copertina.
I 7 minuti e mezzo di “Mirror ball” aprono il disco con un brano dal ritmo funk disco ricco di tratti sperimentali, assoli, sonorità ardite.
“Baptiste” (con Mick Talbot all’Hammond, presente anche in “Village” e “Walkin” e Lee Thompson dei Madness al sax) ha un tempo saltellante e un gusto soul.
Ancora un groove disco funk in “Old father tyme” che a volte sembra una riedizione soft di “Woo see mama” da “Kind of revolution”.
Rilassato e innocuo pop soul in “Village” molto in odore di Style Council che spuntano decisi nella successiva “More” con anche l’apporto vocale di Julie Gros dei francesi Le SuperHomard e la chitarra di Josh McClorey degli Strypes.
Umori bossa e uno sguardo a Bobby Womack e Bill Withers.
“Sunset” ruba gli accordi iniziali a “My sweet Lord” di George ma poi diventa una ballata piena di effetti, fiati, archi, cambi armonici e uno dei migliori episodi dell’album.
“Equanimity” ci porta in clima vaudeville caro a Kinks e al Paul McCartney tardi Beatles, con tanto di solo di violino di Jim Lea degli Slade.
Curiosamente anche la successiva “Walkin” si muove su coordinate simili anche se risulta un riempitivo un po’ anonimo.
Con “Earthbeat” siamo di nuovo in piena era Style Council: pop soul “sintetico” solare, “autostradale” e gradevole ma poco più (Paul dice sia stato ispirato da Pharell Williams. Alla voce Col3trane, giovane artista della scena nu soul inglese – pare fidanzato di una delle sue figlie…).
Chiude “Rockets” una ballata orchestrale tipicamente Paul McCartney, suggestiva, ben fatta e ricca di classe.
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