Sbatti il mostro in prima pagina
Ci sono tappe nella vita di un personaggio famoso che non possono essere saltate, tappe che sono una meta cui tendere, per fermarsi, segnare il punto e ripartire. Apparire sulla copertina di un giornale famoso è una di queste tappe e se sei un musicista, un attore, un personaggio dello showbiz, vuoi e devi apparire su Rolling Stones.
La rivista nata a San Francisco ha con le sue copertine testimoniato il passare dei tempi, un fluire per immagini delle icone che hanno caratterizzato periodi, mode, politica, pensiero, nel bene nel male. Sì perché la copertina è un territorio di conquista, un luogo insidioso che fa uscire dall’anonimato, sottopone alla collegialità, alimenta il giudizio, denuncia.
Rolling Stones è considerata il fondamentale mezzo promozionale per la musica, insieme a MTV ed è fra le riviste più influenti per le recensioni cinematografiche, ma in redazione non mancano certo fini osservatori della società e commentatori della politica. A contenuti corposi sono legate copertine di grande intensità, partorite dal genio fotografico di nomi che sono diventati famosi partendo da lì o che, essendolo già, lì sono approdati.
Ecco quindi che Rolling Stone segna uno stile inconfondibile, duttile e mai ripetitivo, aperto a contaminazioni: in copertina la star è ritratta come è davvero, oppure esattamente all’opposto, composta o provocante, seria o surreale, in stile Wharol o Obey, santificata o demoniaca, più bella o più brutta, di sicuro c’è che appare e apparire sulla copertina di questa rivista è come salire su un altare: santifica!
Proprio per questa straordinaria capacità, vi sono personaggi che, da vere icone care alla più ortodossa agiografia, di altarini ne hanno collezionati diversi nel tempo, come Mick Jagger, solo o con i Rolling Stones, Jonny Deep in versione reale o con tutti i suoi personaggi, Jack Sparrow in testa, e ancora Jack Nicholson, Bruce Springsteen, Bono, l’elenco è lungo.
Di questi giorni la bagarre legata alla copertina con il terrorista accusato della strage di Boston: ritratto di giovane in chiave rock, con espressione alla Jim Morrison e il titolo “The Bomber”. Non è la prima volta, Rolling Stones ospitò anche Charles Manson e anche allora fu polemica, lecita forse, proprio per la capacità celebrativa che la rivista ha in sé. Però si sbatte il mostro in prima pagina, il tempo sufficiente per vederlo bene in faccia e poi condannarlo all’oblio.
Certo è che il massimo questa rivista lo dà quando si affida all’arte vera, come fece con Annie Leibovitz che ritrasse John Lennon e Yoko Ono, nel loro appartamento nel Dakota Building a New York, quattro ore prima dell’omicidio di Lennon. Quella copertina è diventata LA copertina, la migliore del XX secolo e Rolling Stones allora optò per il silenzio: John e Joko soli, sotto il nome della rivista, nessun titolo, nessuna frase celebrativa, il genio in copertina, l’amore in copertina, la vita in copertina, loro sì, non li lasceremo mai all’oblio.
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