Mogwai e Les Revenants, binomio horror
Siete pronti a morire per entrare nella città in cui i morti ritornano? Con queste parole Canal +, nota rete televisiva francese, annunciava nel 2012 l’imminente messa in onda della serie “Les Revenants”. Ideata da Fabrice Gobert, la serie è l’adattamento televisivo del film “Quelli che ritornano” di Omar Campillo e ha vinto molti premi tra cui gli Emmy Awards nel 2013, cosa rarissima per una serie non americana.
Inquietante e misteriosa, la trama gira intorno a una cittadina in cui, all’improvviso, alcuni abitanti morti anni prima, si ripresentano con le stesse sembianze che avevano al momento della morte, inconsapevoli del proprio decesso. Niente zombie stavolta, persone reali e senzienti, che ben presto si rendono conto di non essere i soli redivivi e comprendono che il proprio destino è legato ad alcuni elementi sovrannaturali.
Oh, ecco una bella serie di quelle spesse che arriva ad allietare i giorni intorno a Ognissanti (sì, dai, quella festività che negli USA chiamano Halloween, con zucche e “dolcetto o scherzetto”), con un bel miscuglio di horror e mistero che pare davvero ben congegnato e supportato magistralmente da una colonna sonora che è il cardine assoluto della riuscita della serie.
Affidata agli scozzesi Mogwai, quintetto post-rock in giro dal 1995, la colonna sonora funziona davvero bene, a cominciare dal brano scelto come sigla iniziale, “Hungry Face”, con un terrorizzante carillon, per continuare con le quattordici tracce tutte della band, tranne una.
La scelta non poteva essere più azzeccata, i Mogwai sono abili ad avvolgere le immagini con sonorità oniriche ed evocative che coinvolgono lo spettatore facendo diventare la musica un nuovo personaggio della serie. Infatti, iniziando a lavorare sul girato delle prime puntate, la band ha trovato tratti ispirativi nella trama e ha ispirato a sua volta sceneggiatura e regia, lavorando talvolta in anticipo su pezzi: come dire che certe puntate sono state scritte intorno alla musica, non il contrario. Davvero affascinante.
La colonna sonora si compone quindi di suoni suggestivi, il carillon appunto, note ad alta tensione, altre più in distensione, i tratti post-rock tipici della band affiorano solo a tratti, i brani più efficaci sono quelli dalle sonorità ossessive e sinistre (brrrrrrr). Ad accompagnare le puntate solo musica, solo una delle quattordici tracce ha un testo cantato, la ballata vagamente folk “What Are They Doing In Heaven Today?”, che comunque ha un suo perché.
Bene bene, un’altra serie di guardare e ascoltare.
See you…
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