TIN WOODMAN – Crystal clear
Insolita incursione in atmosfere acustiche per una band abituata a ben altre sonorità (tra rock, glam, elettronica).
Insolita incursione in atmosfere acustiche per una band abituata a ben altre sonorità (tra rock, glam, elettronica).
Il duo romano accarezza note antiche, scava nella tradizione folk celtica, ripercorre sentieri lontani nel tempo, atmosfere misteriose, in un album in cui la poesia arcaica si sposa a musiche mai corrose dal tempo.
Impressionante riascoltare la violenza sonora della band, un incrocio di Germs, Zero Boys e Bad Brains, arricchito da una tale personalità da fare diventare gli Indigesti un riferimento per l’hardcore punk di tutto il mondo.
Il taglio compositivo e sonoro è pop folk, molto elegante e soffuso, che ben si addice ai temi esistenziali dei testi.
Una delle band più rappresentative della scena italiana, firma l’ottavo album, a sei anni dall’ultima uscita, un ulteriore passo in avanti in una maturazione da fuoriclasse.
Le canzoni funzionano tremendamente bene in chiave country blues e non perdono mai lo spessore originario ma in certi frangenti acquistano ancora più vigore e significato.
L’eclettico polistrumentista che spazia senza difficoltà tra psichedelia (dagli Stones tardo Sixties ai primi Tame Impala), rock, grunge, sperimentazione, in un caleidoscopio di suoni e riferimenti più svariati.
Sound sporco, duro e abrasivo di chiara ispirazione punk e hardcore che non esita ad assimilare spesso toni melodici che riporta a Green Day e Bad Religion
Nei dieci brani dell’album c’è tanto swing, una bella dose di rockabilly, una sezione fiati scintillante, Stray Cats, Fred Buscaglione, Ladri di Biciclette a profusione e un’attitudine punk a dare tiro ed energia.
La band pugliese agisce in un ambito non scontato e poco praticato, mischiando tinte goth/dark a post punk, senza disdegnare inflessioni metal, shoegaze, post rock.
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