NAGUAL – And Once The Storm Is Over
Il bagaglio culturale e artistico dei Nagual attinge dall’hard rock e dal prog più eclettico e vivace degli anni Settanta ma guarda insistentemente al grunge dei Novanta.
Il bagaglio culturale e artistico dei Nagual attinge dall’hard rock e dal prog più eclettico e vivace degli anni Settanta ma guarda insistentemente al grunge dei Novanta.
Afflati psichedelici che si uniscono a una base folk rock, qualche pennellata post rock, un sound crudo che attinge da lontane influenze (Velvet Underground e Modern Lovers) e dall’irruenza del primo punk.
Sound estremo, tra screamo, post hardcore e hardcore, talvolta al limite del grind.
Insolita incursione in atmosfere acustiche per una band abituata a ben altre sonorità (tra rock, glam, elettronica).
Il duo romano accarezza note antiche, scava nella tradizione folk celtica, ripercorre sentieri lontani nel tempo, atmosfere misteriose, in un album in cui la poesia arcaica si sposa a musiche mai corrose dal tempo.
Impressionante riascoltare la violenza sonora della band, un incrocio di Germs, Zero Boys e Bad Brains, arricchito da una tale personalità da fare diventare gli Indigesti un riferimento per l’hardcore punk di tutto il mondo.
Il taglio compositivo e sonoro è pop folk, molto elegante e soffuso, che ben si addice ai temi esistenziali dei testi.
Una delle band più rappresentative della scena italiana, firma l’ottavo album, a sei anni dall’ultima uscita, un ulteriore passo in avanti in una maturazione da fuoriclasse.
Le canzoni funzionano tremendamente bene in chiave country blues e non perdono mai lo spessore originario ma in certi frangenti acquistano ancora più vigore e significato.
L’eclettico polistrumentista che spazia senza difficoltà tra psichedelia (dagli Stones tardo Sixties ai primi Tame Impala), rock, grunge, sperimentazione, in un caleidoscopio di suoni e riferimenti più svariati.
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